Non molto tempo fa, una scuola per ingegneri chiamata Ecole 42, a Parigi ha fatto parlare di sé per la capacità di sfornare talenti dell’ingegneria pur non essendo dotata al suo interno né di insegnanti, né di libri, laboratori o rette da pagare. Eppure la qualità dei risultati che questa scuola produce, dicono in quel di Parigi, è strabiliante.

Dall’altra parte del mondo, in America, Peter Thiel, il cofondatore di Paypal, più o meno nello stesso periodo, avviò su un fondo per finanziare un programma di due anni aperto solo a  giovani under 20, con lo scopo di scovare rivoluzioni tecnologiche ed economiche del prossimo futuro. L’unica condizione richiesta ai ragazzi che volevano far parte di questo programma, era di lasciare gli studi. L’iniziativa non fu accolta molto bene oltreoceano, anzi, fu definita testualmente “Il peggior pezzo di filantropia di questo decennio” da Larry Summers, dall’allora Segretario del Tesoro degli USA.

Intanto, Peter Thiel, anche lui a suo tempo ragazzo prodigio, ha continuato a credere che quella fosse la strada giusta da battere. Al di là di questi due casi estremi, in verità, ce ne sarebbero molti altri da citare.

Quello che sta accadendo da un po’ di tempo a questa parte, grazie a fenomeni come l’open edu, i MOOCs – corsi aperti online su larga scala – o le sperimentazioni condotte da ricercatori del MIT con l’approccio  Wildflower, segna una volontà comune di muoversi oltre i paradigmi scolastici conosciuti finora. Mi guarderei bene dal chiamarla scuola 2.0, siamo troppo indulgenti nello sfornare una nuova releases di qualsiasi fenomeno innovativo,

Credo, piuttosto, che possa essere interessante cominciare a tracciare i confini entro i quali si muove la prossima, next, education.

Mi par di capire che la partita sia giocata su tre principi.

  1. Il primo, è il superamento del concetto di inserimento, da parte degli studenti nel modo del lavoro e della società in generale. L’inserimento, infatti, in questi contesti, presuppone l’estraneità di due entità, studenti-lavoro,  che verrà superata in un secondo momento, tramite l’immissione dei primi nel contesto sociale di riferimento del secondo. In che modo questa immissione avviene e che tipo di risultati produce, è sotto gli occhi di tutti.  Il superamento del concetto d’inserimento fa, invece, riferimento ad una completa integrazione dello studente, fin dalle scuole primarie, all’interno della società in cui vive, con oneri ed onori proporzionati alla sua età.
  2. Il secondo punto riguarda le modalità con cui la scuola educa e trasferisce informazioni. Su questo, le sperimentazioni didattiche più ardite fanno proprio il concetto di scoperta dei contenuti, a discapito di quello di trasferimento degli stessi. Questa modalità, strutturando il minimo indispensabile il pensiero degli studenti, spinge gli stessi alla ricerca di contenuti e modalità didattiche nuove, personali, autopoietiche, massimizzando i loro risultati su soluzioni con alto valore creativo.
  3. Il terzo ed ultimo punto è il superamento del concetto di interdisciplinarietà, termine molto in voga sui testi delle leggi che hanno riguardato le sorti della  scuola negli ultimi 20 anni, ma anche qui utilizzato con modaiola leggerezza. Nelle scuole dove si sperimenta un tipo di educazione nuova le discipline non vengono interconnesse, poiché non viene fatta percepire una netta distinzione tra un ambito e un altro del sapere. L’intera conoscenza si offre allo studente in maniera aperta e indistinta, ed è solo lui l’artefice delle necessarie categorizzazioni che struttureranno la sua forma di pensiero.

Siamo di fronte alla fine del sistema scolastico per come lo conosciamo? È l’ennesima rivoluzione insensata che dissolve le prassi antiche e, tutto sommato, buone? È un’insensata rivoluzione della società moderna che distrugge una delle cose più preziose che abbiamo? No. Di certo, no. La strada è ancora lunga ma quello che mi sembra scorgere da qui in avanti è l’esatto contrario. È l’invasione del modello scuola, intesa come laboratorio che ricerca e trova soluzioni, all’interno di un modello di società che sembra, con sempre maggiore enfasi, gridare l’innesto di queste dinamiche per la propria futura salvezza.